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venerdì 9 marzo 2012

Richiesta di aiuto

Ho ricevuto e pubblico questa lettera da parte del signor Renato Pino. Non so se, come dice, ne seguiranno altre, ma mi sembra giusto dare spazio a questa richiesta di aiuto.
Se qualcuno è interessato si faccia sentire lasciando un commento, magari ci capiamo qualcosa di più.



Caro lettore/lettrice,

ho a disposizione 10 lettere. Non mi resta che questo. Ma va bene, perché a pochi è concessa questa possibilità. Ringrazio, quindi, l’amministrazione penitenziaria che mi ha dato l'ok e i siti che mi ospiteranno. Vengo subito al dunque, perché lo spazio è denaro più del tempo quando hai 10 lettere per salvarti la vita. Sono Renato Pino, ho 42 anni e sono in carcere da cinque, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Gaetano Salvucci. Il processo è stato stranamente rapido, la giuria concorde praticamente su tutto. Non provo rancori, almeno non più e forse proprio per questo mi è stata concessa questa opportunità. Mi rendo conto che è la mossa di un disperato, ma tanto vale provarci. Da 5 anni a questa parte ho pensato e ripensato a quei giorni, cercando nella mia memoria un frammento sfuggito, una sensazione stonata, qualsiasi cosa potesse darmi una traccia di quanto successo. Ho letto e riletto i verbali del processo, smontato e ricostruito i passaggi dell’accusa e quelli della difesa. Avevo deciso di arrendermi e stavo già pensando a come adattarmi a vivere in carcere, trovando il modo di elemosinare uscite per buona condotta e sconti di pena. E’ a quel punto che mi è venuta l’idea. Ripeto, è l’ultima spiaggia di un disperato, ma dove una testa non arriva, ci si può arrivare in 10 o 100 (ho spedito questa lettera a diversi siti e anche se non tutti la pubblicheranno spero che qualcuno dall'altra parte ci sia e la legga). Vi propongo un patto. Io vi racconterò tutto quello che mi viene in mente sugli eventi di 6 anni fa, vi farò una descrizione puntuale di quanto accaduto il giorno dell’omicidio, cercando di essere il più possibile distaccato per darvi un quadro fedele dell’atmosfera di quei giorni e degli eventi accaduti. Posso mettervi a disposizione ricordi e documenti di famiglia, gli atti del processo e le cronache giornalistiche di quei giorni. In cambio chiedo la vostra testa. Scrivetemi, mandatemi idee e suggerimenti su piste da sviluppare, ma non pensate di mandarmi messaggi pietosi o di incoraggiamento. Non voglio il vostro cuore, mi serve la vostra testa. Da parte mia sono sempre stato così, se si vuole raggiungere una cosa bisogna farlo razionalmente, forse è proprio per questo che ora mi trovo in carcere, ma credo che adesso sia l’unica strada che può farmi uscire. E non è cosa facile. Io c’ho pensato e ripensato, ho analizzato al secondo le testimonianze dei presenti e mi sono convinto che l’unico a poter uccidere Gaetano Salvucci sono io. Per questo non provo rancori, il processo è stato rapido perché rapidamente si poteva arrivare a conclusioni solide. Io sono dello stesso parere del giudice che mi ha condannato. Fosse dipeso da me sarei stato anche più deciso nella condanna. Ma… il condannato sono io e anche se non riesco a capire cosa diavolo sia successo quel giorno, so che non sono stato io ad uccidere. Qualcosa mi sfugge e, credetemi, quello che mi dà più fastidio quando la sera mi giro sulla brandina cercando di addormentarmi, non è la vita che ho perso, il lavoro, i viaggi, le donne… ma l’idea che non sono riuscito a capire quello che è successo. Ero lì, ho tutti gli elementi, ma non ce la faccio. Questo è il posto per me, fino a prova contraria sono colpevole. Non mi importa riaprire il processo, essere dichiarato innocente. Non mi importa quello che pensano gli altri o essere “riabilitato” dalla stampa. Quello che voglio è capire.
Ora tocca a voi, ma prima di chiudere questa prima lettera, vi faccio un’ultima confessione.
Non sono così sicuro di quello che voglio. Certo, se vi scrivo è perché spero che qualcuno ci raccapezzi qualcosa o almeno riesca a darmi una pista nuova su cui ragionare; ma anche in caso di successo non vi aspettate un grazie da me. Grazie per cosa? Per avermi sbattuto in faccia i miei limiti? Se qualcuno riesce a trovare il colpevole attraverso il mio racconto significa che io avevo già tutti gli elementi per capire e non ci sono riuscito! Sarebbe il mio più grande fallimento! Vi racconterò tutto sperando che ci sia qualcuno intelligente al punto da capirci qualcosa, ma allo stesso tempo, e forse con la stessa intensità, spero che quel qualcuno fallisca come me.

Cordialmente,
Renato Pino